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Ti telefono o no

“E fatti sentire ogni tanto”. È una di quelle frasi pronunciata generalmente da chi non alza il telefono dal giorno dell’elezione di Kennedy a presidente degli Usa, che chiama ogni morte di papa e solitamente lo fa se proprio non può farne a meno o se ha bisogno qualcosa. Forse non hanno manco il mio numero, per dire. Ma si aspettano che io li chiami.Io sono una che telefona poco ad amici e parenti, e lo so. Nononostante parli ininterrottamente da quando avevo un anno, non sono fatta per le chiacchiere al telefono. Sono essenziale, telefono se ho qualcosa da dire, non tanto per. E magari sbaglio, oh. Forse non si fa, non sta bene, non lo so.

Però almeno non vado in giro a rompere le palle “eh, ma non ti fai mai sentire”. Che quando me lo dicono io mi sento in colpa, mi sento una stronza che non si fa mai sentire appunto. Manco fossi andata in ritiro spirituale in Tibet senza lasciare mie notizie.

Il senso di colpa però dura dieci minuti, il tempo di scorrere l’elenco delle chiamate in entrata degli ultimi sei mesi, i messaggi, whatsapp. E di chi ti ha appena detto “eh, ma non ti fai mai sentire” non c’è traccia. Per altri due minuti pensi “poverino, avrà le chiamate disabilitate”. E pure con la connessione dati non dev’essere messo bene. Poi ci penso meglio. E il vaffanculo scatta in dodici secondi netti.

Fatevi sentire. O anche no, è lo stesso. Io vi voglio bene a prescindere.


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