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Storia di Ignazio. E di tanti giovani che vanno via

di Attilio Cardella

Ignazio ha preso una decisione di quelle prese da tanti altri prima di lui e che in molti prenderanno dopo di lui: molla tutto e va via dalla Sicilia. Si trasferisce in Germania. Non in una grande città, no, lui va proprio in un posto sperduto, un paesino di poche anime circondato da una foresta. Uno di quei posti che non ti passerebbe neanche per l’anticamera del cervello di andarci per un weekend in vacanza, pensa a viverci. Che se ti perdi e ci capiti per sbaglio te la fai di corsa per paura che sbuchi fuori qualche essere uscito fuori dalla penna dei fratelli Grimm. Ma Ignazio è lì che ha trovato un’offerta di lavoro che gli permette di vivere, ed è lì che sta andando.

Ignazio non è un ingegnere aereospaziale e neanche un importante ricercatore. Nessuno per lui parlerà di “fuga di cervelli”. Non è neanche un figo, tanto che scherzandoci su gli dico sempre di tenersi stretta la sua fidanzata perché “dove la trovi un’altra che ti prende?”. Nessuno, a parte amici e familiari, si strapperà i capelli per la sua partenza.

Però Ignazio è un gran lavoratore. Uno che sa fare mille cose, tutte bene. Uno che se gli dici “Ignà, prendi quella casetta di legno e spostala 200 metri più avanti, che lì non sta bene”, tu lo vedi tutto il giorno passare con le assi di legno caricate sulla schiena e a fine giornata la casetta è spostata. E lui non fa una piega. Uno che si monta un palco da 12×6 da solo, sotto il sole cocente di un’estate siciliana. Uno che ti fa 100 modifiche all’impaginazione di un catalogo in un giorno solo perché io sono pignolo. E lui mi accontenta. Perché sa quanto sia importante lavorare, perché ha un affitto da pagare e uno stomaco da riempire. Ed è per questo che ogni volta che ho avuto bisogno di un collaboratore per qualsiasi lavoro, la prima persona che mi è venuta in mente è sempre stata lui.

Ora non voglio dire che sia un peccato per la Sicilia perdere Ignazio. Io, in cuor mio, ritengo che ogni singola persona che va via da questa terra per cercare lavoro altrove sia una perdita importante e un’umiliazione per questa regione. Ma non è questo il punto.

Il punto è che ho chiamato Ignazio per fargli un “in bocca al lupo”, per salutarlo affettuosamente… ma lui, che stava imballando tutte le sue cose, non stava bene. E non era rabbia, malinconia, sconforto. La sua era una paura dovuta alla scarsa autostima. Paura di non riuscire. Paura di fare enormi sacrifici resi poi vani per la sua, presunta, inadeguatezza.

E no, caro Ignazio, questo proprio no! Perché questa generazione umiliata, mortificata nel lavoro, costretta a svendersi pur di guadagnare qualcosa, presa a pesci in faccia, sodomizzata a più riprese dal padrone di turno che ti chiede cose impossibili e ti paga (quando ti paga) pochi euro “intanto fai esperienza”, costretta a fare 100 lavori al giorno per accucchiare i soldi dell’affitto… questa generazione,  giocoforza, non può che perdere stima in se stessa. Inizia a credere di non saper fare il proprio mestiere, di non essere all’altezza, che ci sono mille altri migliori.

E invece, nella maggioranza dei casi, questa generazione è la più forte. Perché ha imparato a fare i salti mortali quadrupli pur di riuscire a far quadrare i conti. Perché sa fare di tutto, si aggiorna, si adatta e, se è il caso, si sdoppia.

Quindi Ignà, fammi un favore… fagli vedere quello che sai fare, e vedrai che tutto andrà per il meglio. Io, intanto, ti aspetto qui, mentre battaglio contro i mulini a vento: perché alla fine questa terra voglio batterla. E se non ci dovessi riuscire, prendi un letto in più che non si sa mai!


Commenti (1)

  • MARIO

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    Preziosa presentazione di una faccia della realtà odierna
    ricca di particolari che evocano emozioni profonde e …
    concordo a pieno ogni singola parola e concetto
    grazie della condivisione
    grazie Ignazio
    grazie Attilio

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