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vicolo della salvezza

Giulio, Giacomino, Michele e altri angeli custodi

Giulio mi conosce da quando ero bambina, saranno almeno quarant’anni. Ora, quando entra a casa dai miei, mi chiama “signorina Stefania”, con un affetto misto ad antica deferenza che mi fa sorridere ogni volta. Giulio è l’elettricista che da sempre ha frequentato casa mia per lavori piccoli e grandi, conosce ogni presa e ogni interruttore meglio di me. Mia madre lo chiama per qualsiasi necessità, dal cambiare una lampadina più scomoda da raggiungere al raddrizzare l’antenna che il vento ha spostato, lasciandoli orfani della preziosa tv. E lui viene sempre, con il sorriso, con quell’affetto antico che da sempre lo lega alla mia famiglia.

Quando ero piccola c’era pure Giacomino, l’idraulico. Era stato compagno di scuola di mio padre e a lui resterà legato un aneddoto. Avevo pochi anni e lui stava aggiustando l’autoclave sul balcone, io mi affacciavo dalla finestra e, cantilenando, gli dicevo “Giacomino, io ti vedo…” e lui, con la stessa cantilena rispondeva “e io ti vedo pure…”. Gli anni sono passati e io, incontrandolo per strada, lui già di mezza età e io adulta, ho sempre avuto l’istinto di ripetere quel “Giacomino, io ti vedo…”.

Michele negli anni Sessanta aveva lavorato in fabbrica da mio nonno, operaio fedele e devoto di questo nonno che non ho mai conosciuto. A metà anni Settanta aveva aperto una bottega di frutta e verdura a due passi da dove abitavo. E quando io e mio fratello bambini dovevamo attraversare la strada lui fermava il traffico e ci aiutava, perpetuando così quel legame con mio nonno. Ci ha seguiti, da lontano, anche da grandi, informandosi di studi e lavoro. E quando mio fratello gli disse che studiava Economia e Commercio, rispose: “ah, ho capito, un ragioniere all’ingrande”.

Enza, la sarta che mi ha cucito gli abiti di carnevale; la signorina Titì, che sapeva che mi piaceva il gelato al cioccolato; Giuseppe, il custode del circolo che ci vedeva poco. La mia vita è stata popolata da queste figure, familiari eppure estranee, affettuose ma mai invadenti, protettive seppure a distanza. Ed è per questo che, nei miei progetti di adulta, mi vedo in un quartiere popolare, di quelli in cui il vicino di casa diventa punto di riferimento, angeli custodi sebbene – nei vicoli del centro storico è così – folcloristici. Perché in fondo l’anima di paese ti resta dentro.


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